ANNO 14 n° 119
Peperino&Co.
Palazzo degli Alessandri,
cuore medievale di Viterbo
di Andrea Bentivegna
04/06/2016 - 02:01

di Andrea Bentivegna

Viterbo è una città indiscutibilmente medioevale ma ci sono degli angoli che sono più medioevali di altri. Piazza San Pellegrino poi sembra essere giunta sino ai nostri giorni proprio per testimoniare quell’epoca, a cavallo tra il XII e il XIII, durante la quale la nostra città si trovò, seppur per poco tempo, ad essere forse la più importante del mondo occidentale.

Questa minuscola piazzetta, nel cuore del quartiere omonimo, è senz’altro una delle più suggestive che abbiamo e questo soprattutto per merito del palazzo degli Alessandri. Questo grande edificio si estende su ben due lati della piazza conferendole proprio quell’aspetto che cattura lo sguardo del visitatore odierno. Non si tratta infatti di uno spazio monumentale, tutt’altro, sembra quasi di osservare una riproduzione in scala né si può parlare di un’opera architettonica disegnata da un grande maestro, al contrario pare che questo scorcio assomigli di più ad un paesaggio che ad un edificio.

A ben guardare il termine ''palazzo'', così come oggi noi lo intendiamo, è senz’altro poco appropriato sarebbe in effetti più corretto definirlo un ''complesso'' dal momento che il palazzo degli Alessandri, così come oggi lo conosciamo, è in realtà il risultato di una espansione nel tempo di un primo nucleo che ha progressivamente inglobato le costruzioni vicine. A dimostrazione di ciò infatti possiamo osservare come non vi sia un solo elemento simmetrico rispetto ad un altro eppure il tutto si dimostra in perfetta armonia quasi fosse posizionato sapientemente per ricreare un equilibrato alternarsi di forme e volumi.

Dimora della potentissima famiglia Alessandri, questo edificio fu testimone delle sanguinose lotte che caratterizzarono la città durante il suo periodo d’oro e che contrapposero i suoi proprietari con gli storici rivali, i Tignosi. Era quella un’epoca di grandi divisioni, guelfi contro ghbellini, il Papa contro l’Imperatore e anche tra i nobili viterbesi le lotte erano incredibilmente violente. La situazione sembrò migliorare all’indomani della morte dell’Imperatore Federico II quando il Pontefece Innocenzo IV, nel 1252, promulgò una Bolla con la quale, oltre a riappacificarsi con la città chiedeva espressamente che il palazzo degli Alessandri venisse risparmiato dalla distruzione per mano dei rivali. Se si rilegge oggi il documento papale, ancora conservato, si potrà notare che Innocenzo IV cita un fosso che scorreva ai piedi del palazzo stesso. Ebbene quel fosso, interrato nei secoli successivi, scorreva proprio laddove oggi si trova la piazza.

A questo proposito, osservando le tre colonne si potrà osservare una singolare curiosità. In rapporto all’ampiezza degli archi che sostengono, le colonne appaiono visibilmente basse e tozze. Se le paragoniamo ad esempio con quelle del palazzo del Comune queste sembrano quasi dimezzate. Questo è appunto il risultato dell’interramento di quel famoso fosso a cui si riferiva il Papa che ha fatto sì che oggi, la pavimentazione della piazza sia ad una quota notevolmente superiore rispetto a quella originale.

Tutto insomma, nel corso dei secoli e quasi per caso, senza alcun progetto ha contribuito a rendere questo scorcio di Viterbo tanto particolare. Non il capolavoro di un architetto né il dono di un ricco mecenate ma piuttosto la sedimentazione architettonica, quasi naturale, di un’epoca tanto gloriosa quanto aspra e cruenta. Del resto, come diceva Orson Welles ne ''Il Terzo Uomo'': ''In Italia hanno avuto guerre, terrore, assassinii, massacri: e hanno prodotto Michelangelo, Leonardo da Vinci e il Rinascimento. In Svizzera, hanno avuto amore fraterno, cinquecento anni di pace e democrazia, e cos'hanno prodotto? Gli orologi a cucù''.





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